Intervista a Radio Medicina Lazio: ansia nei giovani – diagnosi e identificazioni

I disturbi d'ansia nei giovani: il significato delle etichette diagnostiche

Ho rilasciato un’intervista per Radio Medicina Regione Lazio in qualità di psicologo clinico che lavora con giovani e genitori. In questo primo estratto discuto del significato delle diagnosi e di come le etichette diagnostiche, sdoganate in particolare sui social, influenzino il modo in cui i ragazzi si identificano e affrontano il loro percorso di crescita e costruzione dell’identità. Dopo il video è presente la trascrizione dell’estratto dell’intervista, suddivisa per argomenti.


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L'ansia è davvero in aumento, o se ne parla di più?

Disturbi d’ansia nei giovani, argomento sempre interessante perché la maggior parte di noi genitori ovviamente non riesce a vedere difficoltà nei propri figli, soprattutto per quello che riguarda l’approccio al mondo. Ma andremo a scoprire cose che ci aiuteranno a capire. Ne parliamo con un esperto psicologo, il Dottor Francesco Turco. Dottore, benvenuto.

Un saluto a tutti voi.

Grazie di aver accettato il nostro invito. Allora dottore, una domanda su tutte: come la possiamo definire l’ansia nei giovani?

Allora, possiamo definire l’ansia dicendo che è una reazione che coinvolge molto il corpo, col tremore, con palpitazioni, sudore, tutta una serie di cose che possono essere scatenate da eventi, da stimoli, situazioni. Nei giovani quello che si può vedere è che pare che ci sia un certo incremento. Se ne parla molto. Poi bisogna capire se se ne parla molto o se davvero c’è un incremento.

Questa è una bellissima osservazione. È una proiezione che noi adulti facciamo nei ragazzi, o davvero i ragazzi soffrono di disturbi d’ansia?

“Io sono questo!”: l’etichetta diagnostica come identificazione

In effetti oggi vediamo che c’è un prevalere di un certo discorso diagnostico che prima non c’era. Lo vediamo sui social network… Si vede proprio chi dice: “Io sono un ADHD

Come se avere un’etichetta in un qualche modo placasse un attimo quel senso di disorientamento che l’adolescenza porta naturalmente, perché mette in discussione ciò che sei.

Ci sono stati cambiamenti di un certo assetto culturale e sociale in questi anni e che questo ha prodotto fenomeni nuovi, tra cui forse anche un certo dilagare dell’ansia nei giovani (e non solo). Detto questo, in effetti poi ansia e altre diagnosi possono diventare un modo di darsi delle risposte troppo veloci a certe questioni.

La diagnosi identifica i nostri ragazzi in qualcosa… ma è un qualcosa che serve a loro o è un qualcosa che serve a noi?

Identità in bilico: disorientamento tra libertà e mancanza di riferimenti

Domanda molto interessante! Risponde a un bisogno di trovare dei nuovi punti di identificazione. il nostro tempo è un tempo in cui le identificazioni si perdono, perdono la presa: certe coordinate simboliche che le persone avevano prima non ci sono più. La religione ad esempio: il discorso religioso fa meno presa di prima,

E quindi placa anche meno gli animi...

Ed è un esempio, un altro è la famiglia, il lavoro del padre che deve essere quello del figlio: in certi casi questo viene meno. E c’è un disorientamento del soggetto davanti a questo. Da un lato è un incremento della propria libertà, dall’altro però è anche un non avere più alcuni riferimenti.

Esatto. È come avere una base meno sicura, ma per tutti, non solo per l’adolescente.

Infatti non vale solo per l’adolescente. L’adolescente chiaramente è quello a cui tocca questo lavoro di separazione e di individuazione, di identificazione. Quindi lì si vede molto bene questo disorientamento.


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La psicoanalisi e l’ansia nei giovani

L’etichetta diagnostica in un’ottica psicoanalitica ha un valore relativo: descrive un disagio, un funzionamento psichico, assegnandolo a una categoria comune, ma non dice ancora molto su quel soggetto nello specifico che vive quella condizione. Per la psicoanalisi l’ansia di un ragazzo o ragazza potrebbe non avere niente a che fare con l’ansia di un altro ragazzo o ragazza. Da un lato, la clinica psicoanalitica si interroga sui cambiamenti sociali e culturali della contemporaneità, perché considera che la clinica sia sempre relativa a un dato contesto globale (come diceva già Freud, la psicologia individuale è prima di tutto psicologia sociale!). Al tempo stesso, non riduce il disagio di un singolo al disagio di un gruppo, ma si interessa propriamente a ciò che del singolo fa eccezione. E considera che l’ansia possa essere, anziché un sintomo da eradicare, un segnale da interrogare, una via da seguire: il segno che qualcosa non va e che è il momento di farsene carico.


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